Dopo un lutto la domanda più frequente è “come stai?”
Non lo so come sto.
Non c’è quella profonda tristezza e mancanza di cinque anni fa, c’è serenità, ma nello stesso tempo è rimasto del sospeso.
Sento con più rilassatezza le ambulanze che transitano con le sirene, una delle mie paure era che una di queste ambulanze di passaggio fosse diretta da lei e riuscissero ad avvertirmi solo dopo.
Non considero più gli squilli dell’ormai inutile linea fissa, era rimasta solo lei a chiamare, ormai sono rimasti solo i call center ed I testimoni di Geova.
Le decisioni sulle sue cose sono state approvate senza nessun problema da mio fratello e perciò tutto è lasciato in mia gestione con tranquillità.
Eppure come sto?
Non lo so.
Caratterialmente non sono una che si strappa i capelli e va in crisi o esibisce la lacrima facile, ma non sono così forte e quello che mi spiace è che anche chi è vicino a me pensa invece che lo sia.
La mia me scazzata e silenziosa è presa per lunatica, non è contemplato valutare il fatto che forse mi sento triste seppur non in modo plateale.
Non dovrei mettere dei cartelli, chi mi è vicino forse dovrebbe capirlo.
Ma tu se non lo dici gli altri come fanno a capire, non hanno la sfera magica.
No, ma io sono stanca di parlare di me.
Ecco come sto.
Stanca di spiegare.